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I bambini e il lutto



Parliamo ancora di bambini, uno degli argomenti più difficili da spiegare ai bambini sono appunto le perdite, sia che si tratti di una separazione che di una morte, qual è il modo giusto di farlo? E cosa si risponde alla domanda: "dove si va quando si muore?"
Purtroppo la perdita, che sia, per una separazione o per una morte, fa parte della vita e di conseguenza degli adulti come dei bambini, spesso però con quest’ultimi si tende ad evitare di dare delle spiegazioni reali e ad inventare delle storie che purtroppo generano solo molta confusione e spesso incubi e paure nel bambino. se siete credenti potete dire che , se siamo stati buoni durante la nostra vita, si va in paradiso, dove poi ci si congiungerà con gli altri defunti, se appartenete ad un’altra credenza potete provare a spiegare il concetto di reincarnazione, ma dai 4 anni in poi perché fino ai tre anni di vita non sarà in grado di capire. Se siete atei è meglio non imporre la vostra visione ai bambini, semplicemente dite la verità, ad esempio che non lo sapete e che alcuni pensano che ci si rivedà nell’aldilà, questo perché da un senso di continuità e di speranza al bambino che così potrà pensare di non avere perso per sempre la persona cara.
 Prima di tutto dobbiamo fare un distinguo a seconda dell’età del piccolo. I bambini cominciano a poter percepire una notizia del genere dall’età di quattro anni circa fermo restando le differenze individuali, a questo punto quando si deve dare la comunicazione, come per ogni brutta notizia, è bene ritagliarsi un po’ di tempo ed uno spazio protetto ed adeguato. Consideriamo che vanno assolutamente evitati, sia per grandi che per piccini, i particolari dettagliati e cruenti come “ era una pozza di sangue, oppure era sfigurato..ecc” poiché questo può favorire dei flashback successivi, propri di un disturbo da stress post traumatico. Adeguandosi all’età del bambino a alle sue esperienze e gusti, si cerca di spiegare che come si nasce si muore e che il nonno, siccome era malato, è morto. Oppure se la causa della morte è stata accidentale, si può dire che la persona cara si è fatta molto male, e che purtroppo non poteva più guarire.

Si può dire qualche bugia? Si certamente, più che bugia, direi omissione della realtà, l’idea è quella di edulcorare e non di alterare la realtà, ovvero evitare di dire che il papà è andato in cielo, in chiesa, o in ospedale, o si è addormentato per non svegliarsi più. Questo tipo di spiegazioni genera una potentissima ansia nel bambino poiché crederà, che se entra in chiesa, in ospedale o se si addormenterà può rischiare di non svegliarsi più! I bambini sono piccoli ma non stupidi, hanno una forma meno evoluta di pensiero deduttivo però lo hanno per cui è necessario non raccontare loro cose di cui poi non troverebbero appiglio nella realtà. Diventa tutto molto più semplice se ad esempio il bambino che si trova a fronteggiare la perdita di una persona ha già affrontato la perdita di un animale domestico. Purtroppo i bambini soffrono per la morte degli animali in modo estremamente intenso, tuttavia, l’esperire la perdita in questo modo ne facilità la comprensione senza creare traumi paragonabili alla perdita di un padre.

Come mai quindi si tende a nascondere la verità ai bambini? In genere gli adulti sono molto spaventati all’idea di dover affrontare determinati argomenti con i bambini, in questo caso hanno paura della loro paura e del loro dolore, in un momento in cui sono addolorati a loro volta. Inoltre dopo la morte di un animale, o di una persona cara il bambino si rende conto che non è una cosa che capita solo alle persone in televisione ma può capitare anche alla sua famiglia e magari anche a lui. In questo caso è corretto rassicurare il bambino che non c’è ragione di credere che lui debba morire e che si muore quando si è molto grandi, molto più grande dei genitori. Ovviamente queste spiegazioni diventano estremamente più semplici se il bambino ha superato i 7 anni, sia perché è a livello cognitivo sufficientemente evoluto, e sia perché i bambini oggi sono esposti a moltissimi stimoli, i cartoni animati spesso ci aiutano ad affrontare questa tematica e a introdurre l’idea della morte e del cambiamento nella vita del bambino. In fatti tutto ruota attorno al fatto che il bambino è estremamente routinario, più è piccolo è maggiore è la sua necessità di abitudine, vedere facce conosciute, avere gli stessi orari per mangiare, per il gioco e per il riposino, come lo è la necessità di comunicazioni chiare anche quando sbaglia e quando accade qualcosa che non capisce, altrimenti sarà portato a ritenersi responsabile.

Ci sono lutti peggiori di altri per il bambino? Beh dipende da diverse variabili. Come abbiamo detto l’età, la tipologia della morte, se improvvisa è peggio che per malattia perché non si ha la possibilità di salutare il congiunto, peggio se scompare un genitore che un nonno, poi dipende anche questo dal tipo di relazione che si ha. Molto grave è sicuramente la perdita di un fratello o sorella di pochi anni di differenza, o di un giovane amico, anche qui fondamentale è la modalità. In questo caso certamente, avere un sostegno da parte di un professionista, è davvero necessario e preventivo, anche perché in questo caso certamente il bambino ha la conferma che non muoiono solo i grandi, e per questo va rassicurato e tranquillizzato del fatto che la vita continuerà e che lui può comunque giocare stare bene ed essere allegro anche senza il fratellino o l’amichetto, che non c’è niente di male.

È giusto portare i bimbi al funerale? Dipende, certamente oltre i tre anni. Se si prevede che, per le caratteristiche della morte il funerale sarà particolarmente tragico, è certamente meglio evitare, ad ogni modo è consigliabile dopo la funzione, riservare al bambino momenti di svago e leggerezza per dare messaggi di speranza.

E il cimitero? Io credo che non ci sia nulla di male, anzi, io da bambina ci andavo spesso e mi dava un senso di continuità. In qualche modo sapevo che quelle persone ”abitavano” lì e mi dava serenità. Non c’è nulla di macabro io credo, semplicemente un modo di onorare la vita di chi non c’è più.
 In conclusione evitare di essere evasivi e di dire, lo capirai quando sarai grande, ed evitare di mandare messaggi di interruzione della vita, tenere vivo il ricordo del defunto con episodi positivi ed ispirano alla continuità della vita, dare e darsi speranza.

Dott.ssa Marianna Storri-Psicologa e Psicoterapeuta

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