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FARE IL PUNTO: L'INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA


Lei si trova spesso a lavorare con donne in difficoltà durante una gravidanza desiderata o meno: quali sono le problematiche presenti in questo momento nella popolazione? Si, spesso lavoro con donne che devono prendere la decisione e con donne che hanno un aborto spontaneo e si trovano ad elaborare psicologicamente l’evento da sole. L’interruzione di gravidanza nella nostra cultura e società è ancora vista come qualcosa di negativo, esclusivamente a danno del nascituro.  La legge italiana prevede dal  1978 la libertà di scelta da parte della donna  che può decidere o meno se portare avanti la gravidanza. Il grosso problema è che attualmente, per lo meno sul territorio toscano, vige un atteggiamento di giudizio e di disprezzo per le donne che prendono questa difficile decisione.


Quali possono essere le ripercussioni psicologiche su una donna che abortisce sia spontaneamente che non? Le ripercussioni sono soprattutto mediate dal concetto di colpa per avere ucciso qualcuno. In realtà, le donne che ricorrono all’aborto non hanno questa percezione se non instillata dal giudizio accusatorio degli altri. L’idea spesso è quella  di proteggere una creatura da un futuro incerto e da una vita che sarebbe certamente dura e difficile. Non si può negare che nella nostra società metter al mondo un figlio in condizioni svantaggiate, può significare metter al mondo un futuro infelice. Non si tratta di mancanza di rispetto della vita, ma tutto il contrario. Le ripercussioni sono quindi senso di colpa e di vergogna che porta spesso al terrore di non poter meritare un altro figlio. È orribile. Anche perché il senso di perdita esperito è tale e quale sia che si scelga di praticarlo sia che si perda il bambino naturalmente.  È un argomento molto delicato, così delicato che  gli operatori dovrebbero relazionarsi con queste donne con rispetto e professionalità e non come se stessero smaltendo un carro di mucche, sensazione riportata dalle donne che lo hanno fatto. È una mancanza di rispetto, perché disporre del proprio corpo è un diritto umano fondamentale e se si ritiene che una donna incinta non sia in grado di prendere decisioni per sé, certamente va fatto intervenire un professionista che possa aiutare la donna in questione. Meglio praticare un aborto terapeutico che vedere una neomadre uccidersi col proprio bambino di pochi mesi. Queste donne non sono cattive, sono solo molto malate, e non si sono ammalate dopo la gravidanza, stavano male anche prima. Spesso però è un tabù dire ”non so se voglio tenere questo bambino”, perché quando una donna è incinta il resto del mondo pensa che si sprigioni solo un senso di appagamento e felicità e niente altro; nessuno pensa alla paura, all’ansia ed ai dubbi . Queste donne vanno sostenute, vanno ascoltate e accolte, niente di più e questo è nello spirito della” Rosa di Jericho”, il nostro centro per la neo genitorialità e supporto delle donne in  gravidanza.

Quali possono essere le ragioni che conducono all’interruzione? Le ragioni possono essere molteplici. Primariamente la paura, un senso di inadeguatezza, una relazione non solida, problemi economici, psicologici, essere minorenne, essere extracomunitarie e clandestine, la paura di perdere il lavoro o di non trovarlo, non avere accesso ai servizi. Ma veramente spesso e comunemente è la paura. Essere genitori è veramente difficile. Supponiamo che una donna sia sola, debba lavorare 8 ore al giorno, non abbia una famiglia di riferimento a supportarla perché lontana o orfana, a chi dovrebbe lasciare il figlio per 8 ore? Come dovrebbe affrontare questa genitorialità? La maternità è un atto d’amore gratuito, chiunque si ponga il problema di essere in grado di essere genitore attua questo amore. Non è etico diventare madre per sbaglio, si deve per scelta.  Certamente il problema è a monte, nel cercare di controllare le nascite in modo sano ed efficiente. L’aborto è l’ultima spiaggia non certo una soluzione da prendere alla leggera e le donne che lo hanno praticato lo sanno perché è una ferita che resta. Un lutto che richiede tempo per essere elaborato e che spesso resta nell’ombra perché queste donne se ne vergognano e non ne parlano ad anima viva. Non si può pensare che chiunque sia pronto ad essere genitore in ogni momento della vita, è una decisione fondamentale che andrebbe presa con coscienza.

Quali sono state le testimonianze che lei ha raccolto sulle esperienze di donne che hanno interrotto la gravidanza? Molte donne mi hanno raccontato della desolazione che hanno sperimentato nell’affrontare il percorso di interruzione. La legge prevede che le ostetriche e i medici possano essere obiettori, ovvero si rifiutino di partecipare alle pratiche abortive. Il problema è che anche la maggior parte di chi non è obiettore si comporta con dileggio e spesso si prende la licenza di trattare in malo modo la paziente senza nemmeno conoscere le circostanze per le quali la donna ha preso tale decisione. Si parte dal pregiudizio, che la donna utilizzi la pratica come controllo delle nascite. È purtroppo vero che alcune donne praticano un numero esagerato di aborti, anche 5; si tratta però di casi in cui  hanno una problematica generalizzata che dovrebbe essere segnalata allo staff psicologico ospedaliero, che non viene praticamente mai coinvolto, anche perché spesso non esiste. È sconcertante che anche in caso di aborto spontaneo non venga proposto alle pazienti di parlare con uno psicologo e che non venga segnalato un servizio sul territorio. Il disprezzo nel quale sono sempre tenute le donne che abortiscono si traduce più sottilmente oggi in un discorso moralizzatore e normativo che rifiuta di vedere che l'aborto fa parte della vita delle donne. Senza essere un atto confortevole è il frutto di una decisione strutturante presa in coscienza di causa per liberarsi di un evento impossibile a realizzarsi in dato momento della loro vita.
Questa polemica è la prova della difficile integrazione e accettazione dell'aborto nella società.

Prevenzione? Educazione all’affettività e alla sessualità, assistenza psicologica per preparare la neo madre o i neo genitori alla futura maternità oppure all’interruzione. Ritengo che sia necessario offrire uno spazio neutrale dove semplicemente venga offerta accoglienza e la tranquillità di vagliare le opzioni.  Molte donne che abortiscono, lo fanno perchè si sentono impreparate e sole; può darsi che avendo a disposizione un servizio di sostegno psicologico, che funga anche da orientamento ai servizi del territorio, una donna decisa ad abortire cambi idea. Inoltre un sostegno precedente all’interruzione favorisce l’elaborazione del lutto e diminuisce la probabilità dei una seconda gravidanza indesiderata. Le donne vicine alla scadenza dei termini di legge vagano in maniera sempre più frenetica da un ospedale all'altro in un drammatico scaricabarile in cui nessuno è responsabile dei loro problemi, finché sempre i soliti operatori non decidono di fare un intervento in più e accoglierla.
Ricordiamo inoltre che ad abortire sono più le donne con un titolo di studio basso, le donne con più figli e le casalinghe che le altre, e hanno spesso meno possibilità di difendersi. Se non hanno modo di prendere contraccettivi e l’uomo si rifiuta di usare il preservativo cosa si fa?

Per le ragazze sotto ai 20 anni inoltre il ricorso all'interruzione di gravidanza è in lieve aumento il che significa che in questo paese molto c'è ancora da fare sui temi dell'informazione e della prevenzione.
L'impressione è che si cerchi di scoraggiare il ricorso all'aborto rendendo difficile la vita alle donne che prendono questa drammatica e difficile decisione, trascurando completamente l'aspetto della prevenzione, che viene lasciato ai consultori, il più delle volte insufficienti a coprire le necessità della popolazione che insiste su di loro.

Intervista alla dottoressa Marianna Storri, psicologa - psicoterapeuta

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